Proposta nel 2005 da un gruppo di gastroenterologi e nutrizionisti guidato da Peter Gibson della Monash University di Melbourne (Australia), la dieta Llow FODMAP” ha trovato un crescente consenso tra gli esperti, non solo per il trattamento dell’IBS, ma anche per la cura di altre patologie intestinali quali le malattie infiammatorie croniche e la diverticolite. Numerosi studi, inclusa una recente meta-analisi, hanno dimostrato l’efficacia della dieta Low FODMAP nel ridurre l’intensità dei sintomi dell’IBS, particolarmente il gonfiore ed il dolore addominale. La Società Inglese di Dietologia raccomanda la dieta Low-FODMAP quale trattamento di seconda battuta del paziente IBS, nei casi che non rispondono ad un trattamento dietetico più semplice, di tipo “convenzionale”.
La lista degli alimenti da escludere nella dieta “Low FODMAP” è lunga e comprende, in particolare, i cereali contenenti glutine (frumento, orzo e segale), tutti i legumi (es. lenticchie, fagioli e ceci), diversi tipi di vegetali (es. carciofi, cavolfiore, asparago, funghi, cipolle, aglio) e di frutta (mele, pere, albicocche, susine, pesche, cocomero, uva, fichi) nonché tutti i latticini contenenti lattosio (latte intero, yogurt, gelato e formaggi freschi).
MA COSA SONO I FODMAP?
I FODMAP sono carboidrati fermentabili a catena corta molto diffusi soprattutto negli alimenti di origine vegetale. Hanno la facoltà di scatenare sintomi gastrointestinali simili a quelli della sindrome dell’intestino irritabile che tendono a scomparire adottando un regime alimentare a ridotto contenuto di FODMAP.
Una dieta da adottare solo sotto controllo
Dal momento che una dieta a basso contenuto di FODMAP limita fortemente la scelta di alimenti con ripercussioni sulla composizione della flora intestinale, i pazienti vanno sempre seguiti da un nutrizionista in grado di proporre una serie di alimenti alternativi per garantire il giusto apporto di sostanze nutritive preziose come il calcio. È consigliabile seguire la dieta a basso contenuto di FODMAP solo per un limitato periodo di tempo, fino a un massimo di otto settimane. Successivamente si procede a reintrodurre i FODMAP – a seconda della soglia di tolleranza individuale suggerita dall’insorgere di sintomi gastrointestinali. In questo modo non viene a mancare il giusto apporto di sostanze nutritive e si riducono al minimo gli effetti sulla flora intestinale batterica.